Le Banche che Vogliono Farti Investire nei Loro Fondi

Le banche non sono istituzioni filantropiche, questo è chiaro a tutti. Tuttavia, quello che spesso sfugge è fino a che punto possano spingersi per spingere i propri clienti a investire nei loro fondi. Con un modo di vendere studiato ad arte, consulenti finanziari interessati più alle provvigioni che al reale benessere dell’investitore e una strategia che premia solo la banca, molti risparmiatori si trovano incastrati in prodotti finanziari di dubbia convenienza.

Tra questi, spicca il Piano di Accumulo del Capitale (PAC), spesso presentato come una soluzione perfetta, ma che nasconde insidie e commissioni poco trasparenti. In questo articolo analizzeremo come le banche riescano a far firmare investimenti discutibili ai propri clienti, anche quando questi ultimi non hanno le competenze o addirittura la lucidità per comprendere cosa stanno facendo.


#1. Il finto fascino dei fondi bancari

Quando entri in una banca per parlare di investimenti, il copione è quasi sempre lo stesso: ti parleranno della solidità del loro fondo, della diversificazione, della sicurezza nel lungo periodo e, soprattutto, delle performance passate, mostrandoti grafici selezionati con cura per dare l’impressione che investire con loro sia una scelta vincente.

Quello che non ti dicono subito, però, sono le commissioni di gestione, i costi di ingresso, i vincoli e, soprattutto, che spesso questi fondi non fanno meglio di un semplice ETP a basso costo. Anzi, nella maggior parte dei casi il cliente si ritrova a pagare il doppio o il triplo rispetto a una gestione passiva, senza ottenere reali vantaggi in cambio.

Le banche hanno tutto l’interesse a vendere i loro fondi, perché i margini di guadagno per loro sono enormi. I consulenti, che dovrebbero essere dalla parte del cliente, in realtà sono incentivati a piazzare i prodotti della casa madre. Il risultato? Il cliente viene convinto con ogni mezzo possibile, senza a volte che ci sia una reale analisi delle sue esigenze o del suo profilo di rischio. Spesso le persone si fidano della loro banca, pensando che abbia a cuore i loro interessi, ma la realtà è che la banca è un’azienda e, come tale, punta al profitto.

In alcuni casi, le banche spingono i clienti a investire in fondi che presentano una prestazione mediocre rispetto al mercato, ma che garantiscono commissioni di gestione elevate per l’istituto. A questo si aggiungono spesso costose polizze unit linked, ovvero prodotti che uniscono investimento e assicurazione, con costi nascosti difficili da individuare. E così, mentre il risparmiatore crede di investire nel suo futuro, sta in realtà finanziando i profitti della banca.


#2. Il PAC: interessante, ma con costi

Il Piano di Accumulo del Capitale (PAC) è una strategia teoricamente interessante: investire una somma periodica in un fondo per ridurre il rischio dell’entrata a mercato. Peccato che, quando viene proposto dalle banche, sia quasi sempre carico di costi inutili.

Molti PAC bancari hanno commissioni di ingresso, di gestione e, in alcuni casi, addirittura di uscita! Questo significa che gran parte dei rendimenti vengono erosi ancor prima che il cliente possa vederne i benefici. Inoltre, spesso questi PAC vengono associati a fondi gestiti attivamente che sottoperformano rispetto a un semplice indice azionario. L’aspetto più preoccupante è che il PAC viene venduto come soluzione “per tutti”, senza considerare l’età dell’investitore, la sua situazione economica o le sue reali necessità. Per la banca, l’importante è che il cliente sottoscriva il prodotto, non che ne tragga vantaggio.

Chi sottoscrive un PAC bancario raramente si rende conto di quanto effettivamente pagherà in commissioni. Se si sommano i costi di gestione annui, le spese di entrata e uscita e i caricamenti impliciti nel fondo, si scopre che il cliente può arrivare a pagare anche il 3-4% annuo in costi. Questo significa che il PAC deve generare un rendimento altissimo solo per coprire le spese, il che è assurdo considerando che un semplice ETF passivo avrebbe costi inferiori di oltre il 90%.


#3. Un anziano spinto al PAC azionario

Questo è un caso vero che ho gestito per una persona amica, come privato. Immaginate un pensionato di 70 anni, con scarsa esperienza finanziaria e, purtroppo, non completamente lucido nelle sue capacità decisionali. Questa persona entra in banca per capire come gestire i propri risparmi e ne esce con un PAC azionario di durata indeterminata pari al 10% della pensione. Sì, avete capito bene: un PAC azionario per un anziano in pensione di una certa età.

La banca, con il suo “consulente”, gli ha venduto un prodotto totalmente inadatto alla sua situazione. Non solo, in altri prodotti (tra cui le famose polizze) le commissioni erano così alte che, anche nei momenti di guadagno, metà degli utili venivano divorati dalle spese. Come è stato possibile? Semplice, il cliente non era in grado di valutare nel dettaglio cosa stava firmando. Nessuno gli ha spiegato in modo chiaro le implicazioni del suo investimento. La banca si è limitata a spingere il suo prodotto, senza alcuna responsabilità etica.

Questo non è un caso isolato: ogni giorno persone non esperte si vedono rifilare strumenti finanziari complessi, con l’unico scopo di generare profitti per la banca. La finanza dovrebbe essere uno strumento per proteggere il capitale e creare valore, non un meccanismo per sfruttare chi non ha le conoscenze per difendersi.


#4. L’effetto domino dei PAC nelle bolle

Un aspetto poco discusso di questa massiccia vendita di PAC azionari è il suo effetto distorsivo sui mercati finanziari. La maggior parte dei fondi venduti dalle banche segue indici azionari pesati per capitalizzazione. Ciò significa che più soldi affluiscono in questi strumenti, più le azioni con maggiore capitalizzazione ricevono acquisti forzati, indipendentemente dal loro valore reale.

Il risultato? Un mercato che cresce non perché le aziende valgano di più, ma perché il flusso di denaro proveniente da PAC e fondi continua ad alimentare i prezzi. Questo crea una bolla finanziaria, in cui il rapporto P/E (Prezzo/Utili) si allontana dalla realtà economica.

Le banche continuano a spingere questi strumenti con la promessa di rendimenti nel lungo termine, ma senza preoccuparsi della sostenibilità di questa crescita artificiale. Finché il denaro continua a fluire, i prezzi salgono. Ma cosa succederà quando questa macchina si fermerà?

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