Credo di aver capito perché il prezzo dell’argento sia così storicamente basso rispetto a quello dell’oro e continua a non voler mostrare segni di riscossa.
È una semplice osservazione logica che mi è nata dopo aver letto due antologie di Agatha Christie. Poirot guarda le cose semplici e non le complica. Non mi sto paragonando assolutamente a Poirot, ma se dopo la lettura ho avuto una intuizione, è giusto che io la metta per iscritto.
Siamo abituati a osservare il prezzo dell’argento rapportandolo a quello dell’oro, di conseguenza quando vediamo un rapporto di 1:80 o 1:100 pensiamo subito che ci sia qualcosa che non va. Se la proporzione naturale (per scarsità in natura) tra i due metalli è intorno a 1:16, allora l’argento dovrebbe valere molto di più. Questo è l’argomento che si ripete in molti ambienti legati all’investimento.

Ma è davvero così semplice? Tutta la nostra convinzione parte dalla proporzione naturale, ossia quella della presenza dei metalli nella crosta terrestre. Nel frattempo, però, le condizioni di mercato che influiscono sul prezzo potrebbero essero cambiate. Se ci sono condizioni terze, cioè fattori reali nel sistema economico e industriale, che modificano la disponibilità effettiva dei due metalli, il confronto perde senso.
Sappiamo che l’argento ha un utilizzo industriale molto maggiore rispetto all’oro: viene consumato, in parte disperso, ma anche reimmesso in circolazione tramite il riciclo. L’oro invece viene quasi esclusivamente conservato nei caveau, nelle collezioni e nelle banche centrali: non tutto ciò che è stato estratto circola e il suo riciclo è minore in confronto!
Se guardiamo ai numeri attuali, l’oro prodotto nella storia è circa 205.000 tonnellate, ma solo una parte è davvero disponibile: il resto è chiuso, custodito, non pronto per essere scambiato. Se stimiamo che solo il 10% di questo oro sia liquido, arriviamo a 20.500 tonnellate.
Per l’argento, la situazione è diversa. Su circa 1.740.000 tonnellate estratte, possiamo stimare che circa il 75% sia effettivamente ancora disponibile. Una parte è dispersa, ma molto è riciclato, conservato, ancora accessibile. Parliamo quindi di 1.305.000 tonnellate.
Se confrontiamo questi due valori, otteniamo un rapporto di disponibilità reale di 64:1, lontano dal famoso 1:16, il che cambia immediatamente la prospettiva.
Per anni ci siamo convinti che il rapporto naturale fosse 1:16 e che il prezzo dell’argento dovesse prima o poi rispecchiarlo. Ma se il mercato sta semplicemente tenendo conto di una diversa disponibilità reale, allora quel rapporto di prezzo vicino a 1:100 non è affatto irrazionale.
Non sto dicendo che il rapporto tra il prezzo dell’oro e dell’argento non possa tornare a scendere, ma se non dovesse mai più tornare a livelli storici di gloria, potrebbe esserci una spiegazione logica che forse è questa.
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