Il Mito dell’Oro “Confiscato” nel 1933 negli Stati Uniti

Nel 1933, nel pieno della Grande Depressione, il presidente Franklin D. Roosevelt emise un ordine esecutivo che obbligava i cittadini americani a consegnare il proprio oro al governo. Questo provvedimento viene spesso descritto come un “sequestro”, ma la realtà è più complessa.


#1. Cos’era l’Ordine Esecutivo 6102

L’Ordine Esecutivo 6102, firmato da Franklin D. Roosevelt il 5 aprile 1933, obbligava i cittadini statunitensi a consegnare monete, lingotti e certificati d’oro alla Federal Reserve, ricevendo in cambio dollari al tasso fisso di 20,67 dollari per oncia. La norma non includeva i gioielli d’oro, che restavano di libera proprietà dei cittadini. Tuttavia, chi violava l’ordine poteva essere multato fino a 10.000 dollari o incarcerato fino a dieci anni.

Nonostante le rigide disposizioni, erano previste alcune eccezioni: i privati cittadini potevano trattenere fino a 100 dollari in monete d’oro (circa 5 once, ovvero 155 grammi). Inoltre, erano esentati gli utilizzi industriali, numismatici e ornamentali, consentendo a gioiellieri e collezionisti di continuare a possedere oro in certe forme.

Lo scopo dichiarato dell’ordine era stabilizzare il sistema economico, colpito dalla deflazione e dalla crisi bancaria. Con il Gold Standard ancora in vigore, il valore del dollaro era legato all’oro, e la tendenza della popolazione a ritirare oro fisico dalle banche stava creando una pericolosa contrazione della moneta in circolazione.

Il provvedimento rimase in vigore fino al 31 dicembre 1974, quando il presidente Gerald Ford revocò il divieto, restituendo ai cittadini la libertà di possedere oro senza restrizioni.


#2. Percezione odierna

L’ordine è ancora oggi oggetto di dibattito. Alcuni lo vedono come una misura necessaria per affrontare l’emergenza economica, mentre altri lo considerano una grave violazione della libertà individuale.

Dal punto di vista economico, l’ordine permise al governo di evitare il collasso del sistema bancario, impedendo una corsa all’oro che avrebbe paralizzato il credito e aggravato la recessione. Inoltre, facilitò l’abbandono del Gold Standard, un passo considerato cruciale per rilanciare la crescita economica.

Tuttavia, non tutti condividono questa visione. Per molti critici, l’ordine fu un’espropriazione forzata del patrimonio dei cittadini, i quali si videro privati di un bene rifugio proprio nel momento in cui l’inflazione minacciava il loro potere d’acquisto. La cosa più controversa fu che, subito dopo la confisca, il governo alzò il prezzo dell’oro a 35 dollari l’oncia, svalutando il dollaro del 70% e generando un vantaggio diretto per le casse federali a discapito dei cittadini.

Un altro aspetto contestato è la lunga durata del divieto. Sebbene l’ordine fosse stato introdotto come una misura d’emergenza, rimase in vigore per oltre quarant’anni, fino a quando Gerald Ford lo revocò nel 1974, permettendo nuovamente ai cittadini di acquistare e detenere oro liberamente.


#3. La realtà dei fatti

Un’idea errata diffusa oggi è che il governo americano abbia utilizzato forze dell’ordine o militari per entrare nelle case dei cittadini e sequestrare l’oro con la forza. In realtà, il provvedimento venne applicato principalmente attraverso il sistema bancario.

Il governo si affidò alla collaborazione volontaria dei cittadini, i quali dovevano recarsi presso banche e uffici governativi per consegnare il proprio oro. Le campagne informative dell’epoca enfatizzavano il dovere patriottico e la necessità di contribuire alla ripresa economica del Paese.

Sebbene fossero previste sanzioni severe per chi non rispettava l’ordine, le denunce furono poche e il governo non effettuò perquisizioni di massa. La maggior parte della popolazione si adeguò alla norma senza particolari resistenze, anche perché la circolazione delle monete d’oro era già in calo.

Alcuni cittadini tentarono di aggirare la legge trattenendo oro in forma privata o trasferendolo all’estero, ma il governo non attuò una caccia all’oro su vasta scala. La vera pressione derivò dall’impossibilità di utilizzare l’oro nei circuiti ufficiali: chi non lo consegnava, di fatto, si trovava con un asset non più spendibile.


#4. Perché oggi non può riaccadere

L’obiettivo principale dell’Ordine Esecutivo 6102 era svalutare il dollaro per facilitare la ripresa economica. Dopo aver raccolto l’oro, il governo aumentò il suo valore ufficiale da 20,67 a 35 dollari per oncia, svalutando così la moneta del 70%.

Nel 1933, il sistema monetario era vincolato al Gold Standard, il che significava che ogni unità di moneta emessa doveva essere coperta da una quantità fissa di oro. Il problema era che, a causa della crisi, i cittadini stavano accumulando oro privatamente, riducendo la quantità disponibile nelle riserve federali e rendendo difficile l’espansione dell’offerta monetaria.

Eliminando il possesso privato dell’oro, il governo poté rivalutare le proprie riserve e aumentare la base monetaria senza il rischio di una corsa agli sportelli. Questa manovra permise di immettere più denaro nell’economia, contrastando la deflazione e incentivando gli investimenti.

Oggi, il governo non ha più bisogno di simili misure. Con la fine del Gold Standard nel 1971, la moneta non è più legata all’oro e il valore del dollaro è regolato dalla politica monetaria della Federal Reserve. Ciò significa che il governo può espandere la massa monetaria stampando più denaro o modificando i tassi d’interesse, senza necessità di sequestrare riserve auree ai cittadini.

Tuttavia, questa flessibilità ha anche i suoi rischi. Se nel 1933 il pericolo era la deflazione, oggi il problema principale è il rischio di inflazione incontrollata, causata dall’eccesso di liquidità nel sistema economico.

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