Bitcoin Non È Oro

Troppo spesso Bitcoin e le criptovalute vengono paragonati all’oro e ai metalli preziosi, tuttavia ritengo che questa associazione sia tremendamente errata e fuorviante.

Dichiarazione di esonero responsabilità:

Le informazioni riportate non costituiscono sollecitazione alla collocazione del risparmio personale. L’utilizzo dei dati e delle informazioni contenute come supporto a operazioni d’investimento personale è a completo rischio del lettore.


#1. La mia esperienza con Bitcoin

Quel quadro lì lo comprai 10 anni fa per 60 mila dollari, oggi potrei venderlo a 600 mila. L’illusione è diventata realtà e più reale lei diventa, più accanitamente la vogliono.

Gordon Gekko, Wall Street (1987)

Quanto riportato in questo articolo è il frutto di anni di conoscenza di Bitcoin, di cui sono stato possessore prima che le criptovalute prendessero una strada che non mi piacque più.

Comprai i miei primi Bitcoin quasi 10 anni fa, quando ancora valevano soltanto qualche centinaio di euro l’uno. La maggior parte delle discussioni e dell’attenzione era concentrata su questioni tecniche per rendere scalabile Bitcoin al fine di mantenere le commissioni basse, aumentare la capacità transazionale della rete e minimizzare il tempo richiesto per confermare con sicurezza i pagamenti.

Quando il problema della dimensioni dei blocchi venne a galla, non riuscendo a trovare una linea comune, alcune persone svilupparono Bitcoin aumentando la dimensione dei blocchi e andando a fare concorrenza alla Blockstream, la maggior azienda che fino ad allora aveva sviluppato Bitcoin.

La potenza di calcolo dei “minatori” appoggiò però in maggioranza la catena (blockchain) dei blocchi meno grossi andando così a confermarlo come Bitcoin, mentre quella con i blocchi più grandi prese il nome di Bitcoin Cash.

A parte un breve periodo iniziale, Bitcoin Cash perse rapidamente capitalizzazione nei confronti di Bitcoin. Non so se questo sia stato il frutto di manipolazioni dei “poteri forti” (che comunque esistono anche se nel caso specifico non ho prove) o della semplice perdita di interesse dei possessori/investitori ma sta di fatto che da quel momento non compresi più Bitcoin. In particolare non compresi più il suo prezzo e fronte delle sue capacità.

Mi diedi una regola quando iniziai a investire:

Compra solo quello che capisci.

In quel momento non capii più quello che avevo comprato e decidetti di venderlo. Negli anni successivi lo scarso apprezzamento in termini di capitalizzazione delle criptovalute funzionali a favore di criptovalute palesemente create per speculare mi hanno allontanato ulteriormente da quel mondo fino a farmene perdere quasi del tutto l’interesse.

Ho fatto il più grande errore speculativo della mia vita, se non avessi mai venduto e avessi continuato a comprare Bitcoin oggi sarei ricchissimo… ma non avrei mai potuto farlo perché non avrei mai potuto comprare quello che non capivo.

Ad oggi, nonostante Bitcoin sia vicinissimo alla soglia dei 100 mila euro, continuo a essere convinto che non comprarlo sia la scelta migliore in quanto lo ritengo un bene iperspeculativo senza un valore che ne giustifichi tale prezzo.

Non commettete l’errore di non accettare il fatto che per “capire Bitcoin” bisogni per forza alla fine concordare sul fatto che abbia un valore perché, a mio avviso, chi sostiene che ad oggi Bitcoin abbia valore, in realtà, non lo ha capito proprio.


#2. Finte somiglianze con l’oro

Bitcoin e oro presentano delle caratteristiche simili. Questo potrebbe far pensare che in qualche modo uno sia la trasposizione digitale dell’altro, ma non è così.

Questa narrativa è stata utilizza fin dagli inizi per installare nella mente delle persone il concetto che Bitcoin sia una nuova forma di oro più efficiente e che l’oro sia ormai qualcosa di obsoleto, sbagliando.

Nemmeno lo stesso creatore di Bitcoin, sotto pseudonimio di Satoshi Nakamoto, ha mai osato paragonare Bitcoin all’oro. Il titolo del suo documento iniziale, detto whitepaper, è infatti:

Bitcoin: A Peer-to-Peer Electronic Cash System
(Bitcoin: un sistema decentralizzato di soldi elettronici)

Non ci sono allusioni all’oro digitale.


Scarsità

Si dice spesso che Bitcoin sia scarso come l’oro, perché ha una quantità limitata a 21 milioni di unità, proprio come l’oro è presente in quantità finita sulla Terra. Questo parallelismo è però fallace, perché ignora una differenza fondamentale tra i due.

Il protocollo Bitcoin può essere replicato infinite volte, semplicemente copiando e modificando il codice sorgente. Già oggi esistono centinaia di varianti di Bitcoin nate da fork o nuove implementazioni. Inoltre, la quantità massima di Bitcoin può essere aumentata con una modifica del protocollo, se gli attori chiave (sviluppatori e “minatori”) lo accettassero. Questo significa che la sua scarsità non è assoluta, ma imposta da regole tecniche modificabili.

L’oro, invece, non può essere creato dal nulla. È un elemento chimico con proprietà uniche che nessun altro materiale possiede nella sua totalità. Non può essere replicato artificialmente e la sua disponibilità non è soggetta a modifiche per volontà di un gruppo di persone. È questa differenza sostanziale che rende l’oro realmente scarso, mentre Bitcoin dipende da una convenzione artificiale che può essere cambiata nel tempo.


Divisibilità

Bitcoin è attualmente divisibile fino a 1 centomilionesimo di unità, ma con modifiche al protocollo questa divisione potrebbe essere ulteriormente aumentata. La sua natura digitale permette di frammentarlo senza limiti fisici, rendendolo teoricamente utilizzabile per transazioni di qualsiasi importo.

Anche l’oro è altamente divisibile, ed è uno dei metalli più duttili e malleabili. Si può persino tagliare con un paio di forbici, anche se questo metodo è chiaramente poco pratico per l’uso quotidiano. Tuttavia, il problema della divisibilità dell’oro è stato superato dall’introduzione di strumenti finanziari più efficienti, come il denaro cartaceo e le carte di pagamento, che permettono di effettuare transazioni senza la necessità di manipolare direttamente il metallo fisico.

La vera differenza sta nel fatto che dividere Bitcoin significa semplicemente dividere un “non-qualcosa”, ovvero un’entità digitale che non ha un valore intrinseco. A differenza dell’oro, che è un bene tangibile con proprietà fisiche e industriali, Bitcoin ha come sottostante solo la speranza che in futuro qualcuno lo acquisti a un prezzo più alto. La sua divisibilità, per quanto tecnicamente interessante, non cambia il fatto che il suo valore sia puramente speculativo e basato sulla percezione di mercato.


Immutabilità

Bitcoin ha dalla sua una grande potenza di calcolo, che rende la rete estremamente sicura contro attori malintenzionati che potrebbero tentare di alterare lo storico delle transazioni e, di conseguenza, i bilanci. Questa sicurezza si basa sul sistema di Proof of Work (Prova di Lavoro), che richiede un enorme dispendio di energia e risorse per validare le transazioni e proteggere la blockchain.

L’oro, invece, è uno dei materiali più chimicamente inerti e resistenti alla corrosione. Può essere lasciato intatto per millenni senza deteriorarsi, mantenendo il suo valore e la sua integrità senza bisogno di manutenzione. È una risorsa fisica e stabile, che non dipende da infrastrutture digitali o meccanismi complessi per preservarne l’esistenza.

Se però si smettesse di “estrarre” Bitcoin, la sicurezza della rete sarebbe a rischio. Con meno minatori attivi, la difficoltà di estrazione diminuirebbe, rendendo più semplice riscrivere i blocchi recenti e alterare la storia delle transazioni. In questo scenario, persino la proprietà di alcuni Bitcoin già estratti potrebbe essere in pericolo.

Se invece si smettesse di estrarre l’oro, il metallo già presente nel mondo continuerebbe a esistere senza alcuna vulnerabilità. Non perderebbe il suo valore, né sarebbe soggetto a manipolazioni o attacchi informatici. Questo evidenzia una differenza fondamentale tra i due: mentre Bitcoin dipende da un sistema attivo per mantenere la sua sicurezza, l’oro mantiene il suo valore e la sua integrità indipendentemente da qualsiasi intervento umano.


Mezzo di scambio

Sia l’oro che Bitcoin hanno le caratteristiche per essere utilizzati come mezzi di scambio, seppur con differenze significative. Bitcoin, essendo digitale, è sicuramente più veloce e meno costoso da trasferire, almeno in condizioni normali. Tuttavia, questo non è il punto principale quando si parla di investimento.

Chi compra oro come investimento non lo fa per utilizzarlo nelle transazioni quotidiane, ma per detenerlo come riserva di valore. L’oro è riconosciuto universalmente come un bene stabile, con una storia millenaria che lo ha reso un punto di riferimento in qualsiasi crisi economica o geopolitica.

A differenza di Bitcoin, l’oro mette tutti d’accordo, ovunque nel mondo. Non è soggetto a controversie tecnologiche, divisioni nella comunità o rischi legati all’adozione. Non dipende da infrastrutture digitali o dal consenso di una rete di utenti per mantenere il suo valore. Questo lo rende un bene molto più solido e affidabile nel tempo, indipendentemente dalle mode o dalle narrazioni speculative.


Difficoltà di “estrazione”

Più oro viene estratto, più diventa difficile trovarne altro; allo stesso modo, più Bitcoin vengono rilasciati dal protocollo, più diventa complesso minarne di nuovi. In termini semplici, il meccanismo alla base di Bitcoin è progettato per simulare la scarsità dell’oro, aumentando la difficoltà di “estrazione” man mano che la rete cresce.

Tuttavia, il termine “estrazione” associato a Bitcoin è fuorviante. Non esiste alcuna attività fisica o reale collegata a questo processo: i Bitcoin non vengono “scavati” da qualche parte, ma semplicemente creati digitalmente e distribuiti come ricompensa ai minatori che validano le transazioni.

Questa scelta terminologica è stata fatta per rafforzare nell’immaginario collettivo un parallelismo con l’oro, conferendo a Bitcoin un’aura di scarsità e valore intrinseco che, in realtà, è solo un costrutto narrativo. Mentre l’oro è una risorsa tangibile e finita, Bitcoin esiste solo nel codice, e la sua scarsità è imposta artificialmente dal protocollo, non da limiti fisici reali.


#3. Errori ricorrenti su Bitcoin

Quando Bitcoin viene raccontato al pubblico per convincerlo ad acquistare questo strumento speculativo, vengono elogiate delle caratteristiche a tale scopo.

Putroppo però, quasi tutte queste caratteristiche narrate, non sono esatte o presentano distorsioni tali da avere lo stesso impatto che avrebbe l’alchimia nel trasformare il ferro in oro.


Bitcoin non è correlato ai mercati finanziari. Falso!

Bitcoin viene spesso erroneamente descritto come un bene rifugio decorrelato dai mercati finanziari, ma questa idea non regge più dal 2020 in poi. Fino al 2019, si poteva ancora sostenere che Bitcoin seguisse una dinamica indipendente, poiché era meno diffuso tra gli investitori istituzionali. Tuttavia, a partire dal 2020, con l’aumento della popolarità della criptovaluta e l’ingresso massiccio di capitali da parte di hedge fund e aziende, la sua correlazione con i mercati tradizionali è diventata evidente.

Un dato a supporto di questa tesi è il confronto tra il valore in USD di Bitcoin e quello dell’indice Nasdaq 100 a leva x3 giornaliera a partire dal 2018. L’andamento di entrambi segue schemi molto simili, con forti rialzi durante i periodi di espansione del mercato azionario e bruschi cali nei momenti di crisi, evidenziando una chiara correlazione.

In conclusione, Bitcoin si è trasformato in una sorta di replica amplificata dell’azionariato tecnologico americano, che guida l’andamento dell’intero mercato globale. Non è più un bene decorrelato, ma piuttosto uno strumento speculativo che segue da vicino i movimenti della finanza tradizionale, rispondendo agli stessi cicli di liquidità e rischio.


Nessun bene ha performato come Bitcoin. Falso!

Il primo prezzo noto di Bitcoin è stato di 0,30 USD per unità il 5 Ottobre del 2009. Se prendessimo questo prezzo e lo dividessimo per quello attuale (circa 100.000,00 USD) otterremmo un moltiplicatore di più o meno 333.000. Tale crescita in un periodo di 15 anni è qualcosa di mostruoso e, ovviamente, nessun altro bene finanziario ha ottenuto le stesse prestazioni.

Però, pur avendo registrato una crescita impressionante nel lungo periodo, non è il bene che ha sovraperformato più di tutti gli altri per diverse ragioni:

Dinamiche di quotazione diverse rispetto alle IPO

Le IPO (Offerte Pubbliche Iniziali) delle aziende quotate in borsa vengono effettuate con meccanismi specifici, spesso basati su aste e valutazioni dettagliate da parte di grandi investitori istituzionali. Questo significa che, al momento della loro entrata nel mercato, il prezzo delle azioni viene determinato in modo più strutturato e con una base di domanda solida.
Bitcoin, invece, non ha avuto un processo di quotazione ufficiale, essendo nato come un progetto decentralizzato e sconosciuto. Nei suoi primi anni era scambiato tra pochi appassionati senza un vero mercato regolamentato, e il suo valore iniziale era quasi nullo. Questo ha portato a un’evoluzione dei prezzi molto diversa da quella delle aziende tradizionali.

Altri beni hanno avuto performance superiori in periodi recenti

Se si considera il periodo dal 2019 ad oggi, ci sono beni che hanno sovraperformato Bitcoin in termini di rendimento percentuale. Un esempio notevole è Nvidia, il cui valore è aumentato in modo straordinario grazie alla crescente domanda di chip per l’intelligenza artificiale, il gaming e i data center.

Nvidia dal 2019 ha avuto un incremento di oltre il 1000%, spinto dall’adozione dell’intelligenza artificiale e dalla crescita della domanda di GPU. Bitcoin, nello stesso periodo, pur avendo avuto un’ottima prestazione, non ha raggiunto una crescita percentuale così estrema come alcuni titoli azionari tecnologici.

In sintesi, anche se Bitcoin è stato uno dei beni con la crescita più spettacolare degli ultimi 15 anni, non è necessariamente il migliore in assoluto in tutti i periodi. Fattori come la modalità di quotazione iniziale e la performance di aziende tecnologiche come Nvidia mostrano che esistono altri bene che, in determinati momenti, hanno avuto un rendimento superiore.


I grossi fondi d’investimento comprano Bitcoin. Falso!

I grandi fondi d’investimento come Vanguard e BlackRock detengono Bitcoin, soprattutto attraverso strumenti finanziari come ETP con sottostante “fisico”, ma è importante chiarire un punto: il Bitcoin detenuto non appartiene ai fondi stessi, bensì ai clienti che sottoscrivono tali prodotti. I fondi fungono solo da intermediari, custodendo il bene e offrendo un’esposizione regolamentata agli investitori istituzionali e retail.

Il loro interesse non è ideologico, ma puramente finanziario: guadagnano dalle commissioni di gestione, esattamente come farebbero con qualsiasi altro prodotto su cui esiste una forte domanda di mercato. Se domani il mercato puntasse su un altro bene, questi fondi si sposterebbero senza esitazione, poiché il loro obiettivo è massimizzare i profitti per gli azionisti, non promuovere Bitcoin.

Un altro esempio di dinamica speculativa è MicroStrategy, che ha acquistato enormi quantità di Bitcoin utilizzando i soldi degli investitori, trasformandosi di fatto in un veicolo finanziario legato al prezzo della criptovaluta. Questo significa che molti degli acquisti istituzionali non sono il risultato di una reale necessità d’uso di Bitcoin, ma piuttosto di strategie speculative basate sull’idea che il prezzo continuerà a salire.


Bitcoin non appartiene a nessuno. Falso!

Bitcoin appartiene a chi lo programma, a chi finanzia lo sviluppo del protocollo e ai minatori, che con la loro potenza di calcolo garantiscono la sicurezza della rete. I minatori, infatti, non si limitano solo a convalidare le transazioni, ma hanno anche un ruolo decisionale nel determinare l’evoluzione del protocollo, perché, scegliendo quale software eseguire, di fatto votano a favore o contro le modifiche proposte.

Un esempio concreto di questo meccanismo è quanto accaduto nel 2017, durante la disputa sulla scalabilità della rete. Alcuni sviluppatori e aziende volevano aumentare la dimensione dei blocchi per rendere le transazioni più rapide ed economiche. La proposta è stata portata avanti dal team di Bitcoin Cash, ma i minatori hanno deciso di mantenere la loro potenza di calcolo sulla blockchain originale, supportando il client Bitcoin Core. Questo ha confermato quale fosse il “vero” Bitcoin agli occhi del mercato, mentre Bitcoin Cash ha dovuto separarsi in una nuova blockchain indipendente, continuando con il proprio sviluppo separato.

Questo evento dimostra come, nonostante Bitcoin venga spesso descritto come decentralizzato, in realtà il suo futuro dipende da chi ha il controllo della rete, ovvero minatori e sviluppatori, e non da una governance realmente distribuita tra tutti gli utenti.


Bitcoin è scarso come l’oro (o più scarso). Falso!

La quantità massima di Bitcoin è stata fissata arbitrariamente a 21 milioni, ma questa soglia non è immutabile. Con una modifica del protocollo e l’approvazione della maggioranza dei minatori, il limite potrebbe essere aumentato, sebbene oggi questa eventualità sia considerata poco probabile. Tuttavia, il semplice fatto che sia tecnicamente possibile dimostra che la sua scarsità non è assoluta, ma dipende dalla volontà della comunità che lo gestisce.

Inoltre, il concetto di scarsità di Bitcoin è valido solo finché un determinato gruppo di persone continua a vederlo come l’unica vera criptovaluta. Ma nulla impedisce la creazione di infinite versioni di Bitcoin o di altre criptovalute con caratteristiche simili o persino migliori. In questo senso, la scarsità di Bitcoin è più un’idea soggettiva che un principio oggettivo e universalmente condiviso.

L’oro, invece, ha una scarsità fisica reale: la sua quantità sulla Terra è limitata e non può essere aumentata con una decisione arbitraria. Inoltre, le sue proprietà uniche (come la resistenza alla corrosione e la conducibilità) non possono essere replicate in nessun altro elemento. Nessun meccanismo economico sostenibile può generare più oro su richiesta, mentre con Bitcoin e altre criptovalute, basta una modifica software per alterarne le regole, rendendo il concetto di scarsità molto più fragile rispetto ai metalli preziosi.


Bitcoin è un buon mezzo di scambio. Falso!

Un buon mezzo di scambio deve essere sostenuto da un sottostante stabile, che sia un bene fisico (come l’oro) o un ente autorevole (come una banca centrale) in grado di garantirne il valore nel tempo. Senza questa stabilità, diventa difficile per persone e aziende utilizzarlo per le transazioni quotidiane.

Bitcoin, al contrario, è soggetto a forti oscillazioni di prezzo, il che lo rende poco adatto a essere un vero mezzo di pagamento. Un venditore che accetta Bitcoin oggi potrebbe ricevere un importo molto diverso domani, a seconda dell’andamento del mercato. Questa volatilità lo rende più simile a un bene speculativo che a una valuta utilizzabile nella vita di tutti i giorni.

Inoltre, chi utilizza una carta di pagamento in Bitcoin in realtà non invia Bitcoin al venditore, ma valuta fiat convertita dalla criptovaluta. Questo significa che la stragrande maggioranza delle transazioni avviene ancora in moneta tradizionale e che Bitcoin non è realmente usato per gli scambi diretti. Le transazioni puramente in criptovaluta, ovvero da mittente a destinatario senza intermediari, rappresentano una percentuale minima e non hanno un impatto rilevante nell’economia reale.


Lightning Network = micropagamenti. Falso!

Il Lightning Network è stato proposto come una soluzione per migliorare la scalabilità di Bitcoin, riducendo i costi e aumentando l’efficienza delle transazioni. L’idea alla base di questo sistema è quella di creare un livello secondario che consenta agli utenti di effettuare pagamenti fuori dalla blockchain principale, registrando solo le transazioni finali sulla rete Bitcoin. Tuttavia, dopo anni di sviluppo, questa tecnologia non è riuscita a imporsi come una soluzione definitiva.

Uno dei principali problemi di Lightning Network è che, per funzionare in modo ottimale, richiede una blockchain di Bitcoin altamente scalabile. Questo paradosso mette in discussione la sua stessa utilità: se la rete principale fosse abbastanza scalabile da supportare milioni di transazioni, il Lightning Network non sarebbe necessario. Inoltre, la gestione dei canali di pagamento e la necessità di mantenere liquidità bloccata rappresentano ulteriori ostacoli alla sua adozione su larga scala.

Attualmente, Bitcoin è ancora lontano dall’essere un sistema di pagamento efficiente per l’uso quotidiano. Con un limite tecnico di poche decine di transazioni al secondo, la rete diventa facilmente congestionata, portando a costi di transazione elevati e tempi di conferma imprevedibili. Questo fenomeno si è reso evidente in diversi momenti di mercato rialzista, quando le commissioni sono aumentate a livelli insostenibili per piccoli pagamenti.

Per affrontare il problema della scalabilità, alcune criptovalute “alternative”, come Bitcoin Cash, hanno adottato un approccio diverso, aumentando la dimensione dei blocchi per permettere più transazioni per secondo. Nonostante ciò, questa soluzione non ha ottenuto un’ampia adozione e, almeno dal punto di vista del prezzo, non ha generato lo stesso interesse di Bitcoin.

Il dibattito sulla scalabilità di Bitcoin rimane aperto, e mentre alcune proposte cercano di migliorare la rete principale, altre continuano a sviluppare soluzioni di secondo livello come Lightning Network, nonostante i numerosi limiti pratici che ancora oggi ne ostacolano la diffusione.


Bitcoin non è una criptovaluta come le altre. Falso!

Bitcoin fa parte della famiglia delle criptovalute, esattamente come tutte le altre, ma è stata semplicemente la prima ad essere creata. Il suo primato storico le ha conferito un’aura di superiorità agli occhi di molti investitori e appassionati, ma ciò non significa che sia l’unica o la migliore.

Chi sostiene che solo Bitcoin abbia valore spesso rifiuta di riconoscere i progressi tecnologici fatti da altre criptovalute, relegandole a un ruolo secondario o addirittura considerandole truffe. Questo atteggiamento ha portato alla nascita di termini dispregiativi come “shitcoin”, usato per etichettare qualsiasi criptovaluta diversa da Bitcoin, indipendentemente dalle sue caratteristiche o innovazioni.

In realtà, il mondo delle criptovalute si è evoluto enormemente dopo Bitcoin, con progetti che hanno introdotto tecnologie più avanzate, come gli smart contract (contratti intelligenti), transazioni più veloci e meccanismi di consenso più efficienti. Il fatto che Bitcoin sia stato il primo non significa che sia l’unico valido. Anzi, molte delle sue limitazioni hanno spinto lo sviluppo di alternative più moderne, che potrebbero in futuro superarlo in termini di utilità e adozione.


Bitcoin è energia. Falso!

Bitcoin non è energia, né una forma di scambio o immagazzinamento di energia. Alcuni cercano di associarlo a questi concetti, ma in realtà Bitcoin è solo un sistema digitale che consuma energia per funzionare, senza alcun meccanismo per conservarla o restituirla.

Il suo sistema di Proof of Work (Prova di Lavoro) richiede enormi quantità di energia per confermare le transazioni e “estrarre” nuove monete. Tuttavia, questa energia viene dissipata immediatamente sotto forma di calore e non può essere riutilizzata in alcun modo. Diversamente da una batteria, da una rete elettrica o da qualsiasi altra infrastruttura energetica, Bitcoin è solo un meccanismo di calcolo, che brucia risorse senza alcuna possibilità di recupero.

Se il consumo di energia fosse almeno proporzionato alla sua utilità, si potrebbe discutere del suo valore. Ma con una rete inefficiente, lenta e sempre più costosa, il rapporto tra energia consumata e benefici è sempre più difficile da giustificare. In definitiva, Bitcoin non è altro che un sistema che spende energia per esistere, senza alcuna relazione con la sua conservazione o il suo scambio reale.


#4. La tecnologia non è il prezzo

Il prezzo di Bitcoin è una cosa, la sua tecnologia sottostante è un’altra. Molti investitori commettono l’errore di pensare che, siccome il prezzo è alto o in crescita, la tecnologia di Bitcoin sia superiore o indispensabile. In realtà, queste due cose non sono collegate.

Bitcoin è ormai superato da un punto di vista tecnico, con una rete lenta, costosa e poco scalabile. Tuttavia, il suo valore di mercato continua a essere sostenuto da fattori speculativi e psicologici, più che da reali innovazioni tecnologiche. Il prezzo sale perché le persone credono che continuerà a salire, non perché la sua tecnologia offra qualcosa di unico o insostituibile.

Molte criptovalute più avanzate, con transazioni più veloci, costi ridotti e funzionalità migliori, hanno dimostrato di essere superiori a Bitcoin sotto il profilo tecnico. Ma questo non si riflette necessariamente sul prezzo. Il valore di mercato di Bitcoin dipende più dalla narrativa e dalla speculazione che dalla sua reale utilità tecnologica, e questa è una distinzione che spesso viene ignorata.


#5. Altri problemi di Bitcoin

Inoltre, vi sono altre problematiche in Bitcoin che non vengono mai messe in evidenza da coloro che ne esaltano allo sfinimento le caratteristiche cosiddette vincenti.

È importante che il possibile scommettitore (non posso chiamarlo investitore) sia messo di fronte ai limiti che questo bene speculativo possiede.


Bitcoin non è più il migliore

Bitcoin, pur essendo stato il primo nel suo genere, non è più il migliore dal punto di vista tecnico. Creato nel 2009, il suo codice e la sua infrastruttura sono rimasti relativamente invariati, mentre nel frattempo sono emerse criptovalute più avanzate, con tecnologie più efficienti, veloci ed economiche.

Uno dei suoi limiti principali è la scalabilità: la rete Bitcoin può gestire solo circa 7 transazioni al secondo, un numero ridicolo rispetto ai sistemi tradizionali come Visa o alle blockchain di nuova generazione. Le commissioni di transazione sono spesso alte, rendendolo poco pratico per i pagamenti quotidiani. Soluzioni come Lightning Network cercano di risolvere il problema, ma non sono ancora ampiamente adottate e non funzionano come dovrebbero.

Anche dal punto di vista della sicurezza e della sostenibilità, Bitcoin presenta criticità. Il suo meccanismo di consenso, il Proof of Work (Prova di Lavoro), richiede enormi quantità di energia, mentre altre blockchain, come Ethereum con il Proof of Stake (Prova di Possesso), offrono un’alternativa più efficiente e sostenibile. Inoltre, nuove criptovalute introducono smart contract (contratti intelligenti) più avanzati, maggiore privacy e transazioni più veloci, mettendo Bitcoin in una posizione sempre più obsoleta.

Oggi Bitcoin sopravvive più per il suo status storico e per la speculazione, piuttosto che per la sua superiorità tecnologica.


Bitcoin non ha un vero sottostante

È vero, c’è poco da aggiungere. Un sottostante aiuterebbe a dare un valore concreto oltre a quello puramente speculativo.

Personalmente ad oggi credo che il sottostante di Bitcoin, che coincide con il motivo per cui alcune persone lo comprano, sia rappresentato da:

  • La speranza nel futuro che più persone lo vedano come mezzo di scambio o bene rifugio
  • La speranza nel futuro che il suo prezzo salga per poter generare una plusvalenza
  • La speranza nel futuro che entrambe le cose si realizzino

In tutti i tre casi, c’è come fattore comune “la speranza nel futuro che…” e non un qualcosa di misurabile in termini attuali.

Problema che invece non si presenta per l’oro che è esso stesso il suo sottostante. Le svariate applicazioni dell’oro e la sua innata domanda nell’essere umano ne fanno il bene perfetto per misurare un valore.


La speculazione esiste su molte cose

Bitcoin, pur essendo privo di fondamentali concreti, continua a crescere perché molti lo vedono come un’opportunità di guadagno. Finché esiste la convinzione che acquistarlo porterà profitto, nuove persone continueranno a investirci, alimentando un ciclo speculativo. Questo meccanismo si autoalimenta: il prezzo sale perché la domanda aumenta, e la domanda aumenta perché il prezzo è salito in passato.

Di fatto, Bitcoin si regge su una dinamica speculativa pura, dove il valore dipende esclusivamente dalla fiducia degli investitori. Non genera flussi di cassa, non rappresenta un’azienda con utili e non è legato a un’economia produttiva. È il più grande gioco d’azzardo decentralizzato, in cui il guadagno di alcuni deriva dalle perdite di altri, proprio come accade nei mercati privi di fondamentali reali.

Finché le persone saranno convinte che il prezzo continuerà a salire, continueranno a pompare denaro nel sistema, sostenendolo artificialmente. Ma se mai questa fiducia venisse meno, l’intero castello potrebbe crollare, lasciando molti investitori con nulla in mano.


Mercato poco regolamentato

Bitcoin è inoltre vulnerabile a speculazioni a causa della scarsa regolamentazione. La sua volatilità estrema permette a grandi investitori di influenzarne il prezzo senza alcun controllo, rendendolo soggetto a manipolazioni di mercato. A differenza dei mercati azionari, non esistono organismi di vigilanza che proteggano gli investitori da abusi o pratiche scorrette.

Inoltre, la mancanza di protezione per i fondi espone gli utenti a rischi enormi: se un exchange (scambio) fallisse o venisse hackerato (bucato), i fondi potrebbero andare persi senza possibilità di rimborso. La regolamentazione frammentata da Paese a Paese crea ulteriore incertezza, permettendo a operatori senza scrupoli di sfruttare le lacune normative per influenzare il mercato.

Questa assenza di controlli rende Bitcoin ancora più sensibile alle speculazioni, con oscillazioni di prezzo spesso scollegate dal suo reale utilizzo. Nei momenti di crisi, gli exchange possono bloccare i prelievi, aumentando il panico e amplificando le fluttuazioni. Senza un mercato regolamentato, Bitcoin rimane fortemente esposto alle manipolazioni, rendendolo un bene rischioso rispetto agli strumenti finanziari tradizionali.


Centralizzazione delle riserve

Il prezzo in 15 anni è aumentato in continuazione, sì, ma chi detiene la maggior parte delle riserve? Quali prove abbiamo per poter pensare che questi prezzi rispecchino un’adozione spontanea della gente… o “dal basso”?

Anche ingenti quantità di oro sono detenute nelle mani di pochi governi e poche banche, ma l’estrazione dell’oro è un processo che va avanti da secoli e ha subito un’accelerazione solo con l’impiego di tecnologie più recenti e performanti.

La stessa cosa non si può dire del Bitcoin, del quale più della metà è stata “estratta” in meno di 10 anni, con grossi fondi e grossi investitori pronti ad accappararsene una gargantuesca quantità potendo godere di un anonimato e di una velocità transazionaria inimmaginabile rispetto a quanto avvenuto nei secoli per l’oro.

Senza poi considerare il fatto che alcune società come MicroStrategy (che è la più famosa) acquistano, tramite i soldi degli investori, enormi quantità di Bitcoin al fine di possederne sempre di più e andando così a centralizzare sempre maggiormente le riserve.

In sostanza il Bitcoin sarebbe il vero candidato a essere un qualcosa per pochi, non l’oro.


Dipendenza dai “minatori”

La rete Bitcoin è costantemente mantenuta attiva dai “minatori”, che raggruppano le transazioni in blocchi in cambio di un premio. Qualora questo premio dovesse diventare non più appetibile, la potenza di calcolo sulla rete stessa inizierebbe a diminuire fino a trovare un nuovo equilibrio tra costo di calcolo e premio.

Tuttavia, se per qualche motivo la potenza di calcolo impiegata dovesse diminuire, a fronte di una potenziale applicabile maggiore, la sicurezza di tutta la rete potrebbe essere messa a repentaglio consentendo la manipolazione degli storici recenti con più facilità. Uno solo di questi casi potrebbe creare un gran panico che farebbe crollare la fiducia in Bitcoin.

Quindi, l’attività dei “minatori” è costantemente richiesta per poter custodire e utilizzare i Bitcoin in tutta sicurezza. Per l’oro, invece, non c’è bisogno di tutto ciò perché una volta raffinato e messo via può essere riposto o utilizzato senza alcuna operatività obbligatoria di terzi.


Il grafico non è una garanzia del futuro

Il fatto che il prezzo di Bitcoin sia salito fino ad oggi non garantisce che continuerà a farlo in futuro, soprattutto man mano che la copertura mediatica raggiunge il suo picco. Nel passato, gran parte della crescita di Bitcoin è stata alimentata dalla sua crescente notorietà e dall’ingresso di nuovi investitori, attratti dall’idea di un guadagno facile. Tuttavia, questo meccanismo non può durare all’infinito.

Ogni bene finanziario segue un ciclo: nelle prime fasi, la scarsità di informazioni e l’adozione graduale permettono grandi aumenti di prezzo. Ma quando la maggior parte delle persone è già a conoscenza di Bitcoin, il numero di nuovi acquirenti si riduce, limitando la domanda. Se tutti coloro che volevano investire lo hanno già fatto, il potenziale di crescita si affievolisce.

Inoltre, i mercati finanziari non si muovono in linea retta: beni che hanno registrato rendimenti straordinari in passato spesso raggiungono una fase di maturità o declino. Man mano che la regolamentazione diventa più stringente e il mercato si satura, Bitcoin potrebbe non avere più lo stesso spazio di crescita di una volta. Il suo futuro dipenderà non solo dalla domanda, ma anche dall’evoluzione del settore e dall’adozione di nuove tecnologie.


È solo digitale

Il fatto che Bitcoin sia solo digitale rappresenta la sua più grande forza, ma anche il suo più grande limite. Essendo privo di una forma fisica, dipende interamente dall’infrastruttura tecnologica per funzionare, il che lo rende vulnerabile a problemi di accessibilità, attacchi informatici e regolamentazioni restrittive.

A differenza di beni tangibili come l’oro o gli immobili, Bitcoin esiste solo nella rete e necessita di elettricità e connessione per essere utilizzato. Questo significa che in caso di blackout, restrizioni governative o attacchi ai server degli exchange (scambi), gli utenti potrebbero trovarsi improvvisamente senza accesso ai loro fondi. Inoltre, chi perde le proprie chiavi private non ha alcuna possibilità di recuperare il proprio investimento.

Il suo essere digitale lo espone anche a un rischio più sottile: l’evoluzione della tecnologia. Se in futuro emergessero sistemi più efficienti, veloci e regolamentati, Bitcoin potrebbe perdere il suo ruolo dominante nel settore delle criptovalute. Senza un supporto fisico o un utilizzo obbligato nell’economia reale, la sua sopravvivenza dipende esclusivamente dalla fiducia degli investitori, un elemento che può cambiare nel tempo.


#6. Aspetti psicologici

Il fenomeno delle criptovalute, e in particolare di Bitcoin, è spesso accompagnato da una narrazione che lo dipinge come uno strumento di rivalsa sociale ed economica nei confronti del sistema bancario tradizionale. Dopo decenni di crisi finanziarie, scandali bancari e politiche monetarie considerate ingiuste, molti investitori vedono in Bitcoin un atto di ribellione contro l’élite finanziaria che “ci ha ingannato per anni”.

Questa retorica si basa su concetti di giustizia economica, decentralizzazione e libertà finanziaria, ma nella realtà dei fatti, il motivo principale che spinge le persone ad acquistare criptovalute è l’arricchimento personale. Bitcoin viene spesso presentato come una rivoluzione che toglie potere alle banche e restituisce il controllo del denaro ai cittadini, ma in pratica, l’interesse principale degli investitori è la speranza di ottenere profitti esorbitanti nel minor tempo possibile.

Il fenomeno diventa ancora più evidente nei periodi di bull market, quando la narrativa si sposta fortemente sull’idea che Bitcoin rappresenti il “futuro della finanza”, nascondendo il fatto che gran parte degli acquirenti è motivata da una semplice speculazione. Il concetto di libertà finanziaria si trasforma così in un pretesto per giustificare l’accumulazione di ricchezza senza passare per i canali tradizionali.

Questa strategia comunicativa crea un effetto psicologico di conferma ideologica: chi investe in Bitcoin non lo fa (o dice di non farlo) solo per guadagnare, ma per contribuire a un “bene superiore”, ovvero la creazione di un sistema finanziario più equo. Tuttavia, il vero motore che alimenta il settore è la speranza di moltiplicare il proprio capitale sfruttando l’aumento del prezzo nel tempo.

La narrativa anti-sistema viene amplificata dai sostenitori delle criptovalute che demonizzano le banche, accusandole di corruzione e manipolazione, mentre glorificano Bitcoin come alternativa etica. Ma se Bitcoin fosse davvero solo uno strumento di libertà economica, molti investitori non sarebbero interessati a venderlo per incassare guadagni in valuta fiat.

Alla fine, l’elemento di rivalsa sociale si rivela essere un sipario strategico: un racconto che legittima l’interesse personale mascherandolo da battaglia ideologica. Chi entra nel mondo delle criptovalute lo fa con l’idea di cambiare il sistema, ma spesso finisce per agire esattamente come gli speculatori che critica, puntando a massimizzare i profitti senza preoccuparsi delle reali implicazioni economiche e sociali.


“Eh ma il prezzo è salito”

Sì, è vero, il prezzo è salito, anche dopo che pubblicai la prima versione di questo articolo. Non avrei problemi ad ammettere che qualcosa mi stia sfuggendo… se solo capissi cosa sia questa cosa.

In realtà, credo di aver sbagliato nel sottovalutare la capacità di alcune persone di prendere a volte delle decisioni stupide. Alcune di queste decisioni sono dettate dall’enfasi di abbracciare qualcosa di nuovo a tutti i costi, altre dalla voglia di diventare ricchi in poco tempo e altre ancora dall’abilità di alcune persone nel sfruttare la capacità altrui di prendere decisioni stupide, per vantaggi personali.

Sapete, oggigiorno ci domandiamo come sia stato possibile che molte persone cadessero in trappola durante la bolla delle dotcom e dei mutui suprime… forse un domani ci domanderemo la stessa identica cosa per quanto riguarda Bitcoin e le criptovalute.


#7. Considerazioni finali

Quanto finora ho scritto sono le motivazioni per cui ritengo che Bitcoin non sia oro, tantomeno oro digitale.

Detto questo sarei però disonesto nel non dire che nel bene o nel male Bitcoin ha rappresentato sicuramente una pietra miliare nella storia dell’informatica e della finanza.

Grazie a Bitcoin la tecnologia della blockchain si è diffusa velocissimamente dando la possibilità a privati e aziende di realizzare progetti che sono arrivati a interessare anche le più grosse istituzioni finanziarie.

Questo ha permesso il miglioramento di tale tecnologia che presto potrebbe benissimo entrare nella vita di tutti giorni sottoforma di beni digitali gestiti da enti istituzionali.

Inoltre, per molte persone, il fenomeno delle criptovalute ha rappresentato il primo di tanti passi volti ad avvicinarsi alla finanza tradizionale. Senza le criptovalute questo forse non sarebbe mai accaduto, almeno non così in fretta.

Personalmente ritengo conclusa l’avventura delle criptovalute senza sottostante o senza un ente che può garantirne il valore. No disperiamoci però! Sono convinto che nel futuro le occasioni non mancheranno. Starà al nostro ingegno e un po’ al nostro coraggio coglierne le opportunità per ridiventare i pionieri di un nuovo mondo.

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