Basi per Investire in Borsa

Ecco un’infarinatura di base derivante dall’esperienza che ho acquisito fino ad ora per quanto riguarda il mondo dei mercati e degli investimenti, i quali mi permettono di generare plusvalenze per vivere e concedermi talvolta qualche piccolo sfizio.

Nell’elenco ho tralasciato le criptovalute in quanto attualmente le ritengo puro gioco d’azzardo al 99% e non strumenti di investimento con dei fondamentali.

Se siete interessati a leggere un libro che vi possa spiegare più nel dettaglio quello che tratto in questo articolo, vi consiglio Investire for dummies di Massimo Intropido, libro con il quale ho inizato a studiare i mercati e le borse partendo da 0.

Dichiarazione di esonero responsabilità:

Le informazioni riportate non costituiscono sollecitazione alla collocazione del risparmio personale. L’utilizzo dei dati e delle informazioni contenute come supporto a operazioni d’investimento personale è a completo rischio del lettore.

Indice
  1. Elenco dei prodotti
  2. Rendimenti, rischi e orizzonti
  3. Strumenti per la gestione
  4. Tasse, costi e commissioni
  5. Consigli e curiosità

#1. Elenco dei prodotti

Valuta 💵

Molti non se lo aspetteranno ma quando non si è investiti in nulla e si tiene la liquidità sul conto corrente o in contanti in qualche posto in realtà si è investiti… in valuta! Significa essere investiti in un mezzo di scambio emesso da una banca e utilizzato in una determinata area geografica per lo scambio di beni e servizi.

Per quanto la valuta possa essere percepita come una base sicura per tutelare il proprio capitale in realtà non lo è affatto perché si deprezzerà sempre nel corso del tempo, anche quella straniera.

Se siete intenzionati a comprare valute di altri Paesi potete farlo in 3 modi:

  • In contanti, nelle attività ad hoc all’interno degli areoporti o di alcune stazioni dei treni.
  • Su un un conto abilitato a detenere valute straniere.
  • Comprando Titoli di Stato emessi nella valuta che volete acquistare.

I conti correnti sono protetti per legge fino a 100 mila euro di liquidità per ogni intestatario per ogni banca tramite il Fondo Interbancario Tutela Depositi (FITD), anche se secondo un articolo de Il Sole 24 Ore i soldi depositati su questo fondo non bastano a proteggere nemmeno lo 0,5% di tutta la liquidità “garantita” dei correntisti italiani.

Approfondimenti:


Conti e certificati deposito 🏦

Sono soluzioni offerte dagli istituti di credito parallelamente al conto corrente. Possono essere svincolabili o vincolati fino alla scadenza. Generano entrate proporzionali alla loro durata e in linea con i tassi di interesse del momento.

Di norma i conti deposito più vantaggiosi sono quelli rivolti ai possibili nuovi clienti di una banca. Sono tutelati fino a 100 mila euro, come i conti correnti.

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Assicurativi 🤝

I prodotti assicurativi ordinari si dividono nei rami danni e vita, mentre i prodotti assicurativi finanziari riguardano per lo più il ramo 3 e 5 vita.

Per il ramo danni, più noto, abbiamo 18 sottocategorie che proteggono tutte e quante appunto da eventuali danni (ad esempio la RC auto). È un ramo molto articolato e per una visione completa vi invito a dare un’occhiata a questa pagina.

Per il ramo vita invece abbiamo 5 sottocategorie:

  • Ramo 1: sulla durata della vita umana, la forma di assicurazione più tradizionale.
  • Ramo 2: nuzialità e natalità.
  • Ramo 3: assicurazioni finanziarie, collegate a investimenti del risparmio, si dividono in
    • Unit Linked: agganciate all’andamento del fondo.
    • Index Linked: agganciate agli indici di Borsa.
  • Ramo 4: malattia e non autosufficienza.
  • Ramo 5: capitalizzazione e liquidazione di un capitale a scadenza.
  • Ramo 6: fondi collettivi per erogazione di prestazioni caso morte, vita, impiego.

Mentre gli assicurativi ordinari sono prodotti specifici per ogni persona e pero ogni situazione, gli assicurativi finanziari sono invece a mio avvisto inutilmente complicati e costosi, sostituibili tranquillamente con strumenti finanziari più economici e più semplici.


Buoni postali 📨

Rientrano tra i prodotti postali più famosi. Possono essere disinvestiti in qualsiasi momento proteggendo il 100% del capitale inizialmente impegnato, ma allo stesso tempo si corre il rischio di non vedersi riconoscere tutti gli interessi maturati (che maturano a scaglioni di anni).

Sono tutelati al 100% da Cassa Depositi e Prestiti (CDP).

Non sono a mio avviso una buona soluzione per tutelare il patrimonio dall’inflazione e presentano guadagni discretamente interessanti solo sul lungo periodo (16-20 anni).

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Obbligazioni 📆

Le obbligazioni, emesse da società sottoforma di obbligazioni societarie o da Stati sottoforma di Titoli di Stato (obbligazioni governative), sono prestiti fatti in cambio di un interesse detto cedola, solitamente fissa nel tempo. Alla scadenza di tale prestito il capitale inizialmente prestato verrà restituito.

Classificazione delle obbligazioni societarie

Le obbligazioni societarie sono principalmente classificate per la natura del loro comportamento o della loro composizione.

  • Zero coupon: non pagano cedole ma sono emesse a un prezzo inferiore (sotto la pari) a quello di rimborso a scadenza.
  • Strutturate: hanno un rendimento variabile e nascono dalla combinazione di un’obbligazione ordinaria con uno o più contratti derivati.
  • Convertibili: chi le possiede ha la facoltà di decidere se rimanere creditore della società emittente per tutta la durata del prestito, oppure se, in determinati periodi, convertirle in azioni.
  • Convertende: come prima, ma la conversione è già stabilita.
  • Subordinate: il pagamento delle cedole ed il rimborso del capitale, in caso di particolari difficoltà finanziarie dell’emittente, dipendono dalla soddisfazione degli altri creditori non subordinati (o subordinati di livello inferiore). Rendono di più ma sono più rischiose e sono suddivise in altre sottocategorie, in base al rischio e al rendimento.
Classificazione dei Titoli di Stato (Obbligazioni governative)

I Titoli di Stato sono principalmente classificati in base alla durata e hanno nomi diversi a seconda del Paese che li emette.

In Italia abbiamo:

  • Buoni Ordinari del Tesoro (BoT): da 3 a 12 mesi
  • Pronti contro termine: da 1 a 12 mesi
  • Certificati del Tesoro Zero coupon (CTz): 24 mesi
  • Certificati di Credito del Tesoro (CcT): 7 anni
  • Buoni del Tesoro Poliennali (BTp): da 18 mesi a 50 anni

Mentre negli Stati Uniti d’America abbiamo:

  • Treasury bills (T-bills): da 4 settimane a 12 mesi
  • Treasure notes (T-notes): da 2 a 10 anni
  • Treasury bonds (T-bonds): da 10 a 30 anni

Altri Titoli di Stato famosi son i tedeschi Bund e gli spagnoli i BONOS.

Il rischio maggiore a cui ci si espone con comprando obbligazioni è il fallimento dell’emittente (società o Stato) con la quasi certa conseguenza della perdita parziale o intera del prestito. Per minimizzare questo rischio si consiglia di acquistare obbligazioni con valutazione “Investment Grade” o almeno BBB (Rating S&P). Solitamente un alto tasso di interesse rispetto ad altre obbligazioni implica anche un maggior rischio di insolvenza.

Si possono acquistare singolarmente o sottoforma di fondi. Per quanto il sottostante sia lo stesso, il meccanismo di funzionamento differisce fra le due soluzioni. Infatti le singole obbligazioni hanno una data di scadenza che è fissa e non modificabile, mentre i fondi obbligazionari non maturano e le obbligazioni che lo compongono prima o poi scadono. Di conseguenza i fondi devono escludere tutte quelle obbligazioni che stanno per scadere e acquistare o vendere nuove obbligazioni, sempre. In parole povere, la variazione dei tassi di interesse nel tempo, non garantisce il valore di un fondo obbligazionario a una determinata data, a differenza di una singola obbligazione alla scadenza.

Unica eccezione la fanno i fondi obbligazionari a scadenza. In parole povere sono fondi dalla durata limitata legati alla scadenza delle obbligazioni contenute. In questa modo, il valore del fondo si avvicina sempre di più a quello nominale dei sottostanti con l’approssimarsi della loro scadenza.

In linea di massima le obbligazioni permettono di stare a passo con l’inflazione e a volte di generare qualche piccola entrata extra.

Personalmente preferirei l’oro a questo tipo di investimento in quanto, a partire dal medio periodo, da rendimenti maggiori e rischi minori. Nel caso in cui però dovessero servire rendite certe e nessun rischio sul proprio capitale in un determinato periodo di tempo, allora le obbligazioni sarebbero la soluzione ideale.

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Azioni 📈

Comprare azioni significa comprare un pezzo di società (pubblica o privata) e ricevere nel corso dell’anno parte degli utili (dividendi) che il consiglio di amministrazione della società decide di ridistribuire tra gli azionisti.

Sono classificabili in azioni ordinarie, privilegiate e di risparmio. Le ultime due danno poco o nullo potere di voto in assemblea ma in compenso dividendi maggiori. Ad oggi, però, quasi tutte le azioni sono di tipo ordinario.

Il rischio maggiore è legato al ribasso del prezzo dell’azione sul mercato e nel caso più estremo al fallimento della società emittente, ipotesi che vede gli azionisti tra i più esposti.

È possibile acquistarle singolarmente o sottoforma di fondi ma a differenza dei fondi obbligazionari, il meccanismo di funzionamento è praticamente lo stesso.

Una buona strategia potrebbe essere quella di investire in fondi azionari globali oppure in fondi settoriali/tematici (scelta più rischiosa perché concentra il capitale in un settore particolare).

Fino ad ora, nel medio-lungo periodo, le azioni si sono dimostrate un buon modo per generare entrate consistenti e più che rivalutare il proprio capitale a fronte dell’inflazione.

REIT, l’immobiliare nell’azionario

Una particolare classe di azioni sono i REIT (Real Estate Investment Trust) cioè società che operano nel mercato immobiliare, quotate in Borsa e che trattano l’acquisto, la vendita e l’affitto di immobili. Sono obbligati a distribuire almeno il 90% del loro reddito imponibile sotto forma di dividendi agli azionisti, garantendo così un flusso di reddito costante.

Un errore molto comune è confondere i REIT con il possedere immobili. Comprare REIT significa a tutti gli effetti acquistare pezzi di società (azioni, appunto) che operano nel settore immobiliare e non possedere direttamente o indirettamente edifici, infrastrutture o terreni.

Comprare REIT credendo di acquistare immobili in Borsa è un grossissimo errore.

Private equity, aziende non quotate in borsa

Una tematica azionaria sulla quale vorrei spendere due parole è il Private Equity. Le società che operano in tale settore investono in imprese non quotate in Borsa al fine di ottenere un guadagno derivante dalla quotazione futura in Borsa delle imprese stesse o dalla rivendita delle partecipazione acquisite.

Come per i REIT, non possederete direttamente o indirettamente pezzi di società non quotate, ma pezzi di società quotate che investono in società non quotate selezionate dal gestore del fondo stesso.

Comprare Private Equity credendo di acquistare quote di aziende non ancora presenti in Borsa è un grossissimo errore.

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Metalli preziosi 💰

Sono rappresentati dall’oro, dall’argento, dal platino e dal palladio. È un argomento più che ampliamente trattato in questo canale, sono a mio avviso il miglior modo per proteggersi dall’inflazione e rivalutare il proprio capitale nel corso del tempo. Sono totalmente esenti dal rischio controparte e possono essere detenuti fisicamente sia in casa propria che nei caveau di terzi.

Si possono acquistare sottoforma di fondi ma a differenza di quasi tutte le altri classi d’investimento, possono anche essere acquistati e custoditi fisicamente in quanto beni materiali ad alta densità di valore e non deperebili.

Vista la tassazione e lo storico dei prezzi, soltanto l’oro rappresenta il bene rifugio. Tutti gli altri metalli, invece, sono più adatti alla speculazione al momento.

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Materie prime 🌽

Come per i metalli preziosi, tendono a rivalutare il capitale nel corso del tempo a fronte dell’inflazione e della svalutazione della moneta. Un buon paniere diversificato aiuta in tale scopo ma a differenza dei metalli preziosi non potrete mai detenerle di persona (a meno che disponiate di un magazzino bello grosso).

Si possono comprare solo come fondi senza copertura fisica data la difficoltà dello stoccaggio e il deperimento del sottostante.

Esattamente come l’oro tendono ad apprezzarsi con l’inflazione, ma il loro valore è soggetto maggiormente alle variabili di mercato.

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Fondi comuni 👪

I fondi comuni sono dei patrimoni collettivi nei quali confluisce il risparmio di più investitori. Lo scopo principale per cui vengono creati è quello di ottenere vantaggi in termini di rendimento, minimizzazione dei costi, diversificazione del portafoglio e maggiore potere contrattuale durante la negoziazione delle singole attività finanziarie. Il patrimonio è interamente gestito a monte dalla Società di Gestione Risparmio (SGR) che lo emette e lo controlla.

Ve ne sono di diverso tipo e classificazione come ad esempio: fondi aperti, fondi chiusi, fondi armonizzati, fondi pensione, hedge funds, fondi a gestione attiva, fondi a gestione passiva, fondi a leva, ecc.

Tuttavia ritengo più importante soffermarmi sulla classificazione per quotazione e per utilizzo dei profitti.

Classificazione per quotazione
  • Fondi non quotati: contrattabili solo tramite una SGR o un intermediario autorizzato da quest’ultima. Sono quasi tutti a gestione attiva e quindi più costosi dei secondi. La maggior parte ha commissioni di ingresso, di gestione e di uscita.
  • Fondi quotati: negoziabili liberamente in Borsa con qualsiasi intermediario abilitato. Sono quasi tutti a gestione passiva e quindi meno costosi dei primi. Hanno solo costi di gestione, non di entrata o di uscita. Vengono anche chiamati Exchange Traded Products (ETP), si dividono in:
    • Exchange Traded Funds (ETF): composti da azioni, obbligazioni, materie prime e mercato immobiliare.
    • Exchange Traded Commodities (ETC): composti da una o più materie prime o metalli preziosi.
    • Exchange Traded Notes (ETN): composti da titoli di debito subordinati all’integrità della società veicolo. Permettono inoltre di investire in prodotti finanziari meno usuali.
Classificazione per uso dei profitti
  • Fondi ad accumulazione: i profitti, siano essi cedole o dividendi, periodicamente erogati dalle società che compongono il fondo, vengono automaticamente reinvestiti nel fondo stesso senza subire alcuna tassazione sia nel Paese in cui il fondo è domiciliato, sia nel paese in cui risiede fiscalmente chi detiene le quote del fondo. Questo metodo è utilissimo per massimizzare l’investimento a lungo termine e molti scelgono di investire in un ETP ad accumulazione proprio per questo motivo invece che al posto di acquistare singolarmente le azioni.
  • Fondi a distribuzione: gli stessi profitti vengono distribuiti tra i detentori delle quote del fondo, proporzionalmente al numero di quote possedute da ciascuno. I profitti, però, subiscono la tassazione prima nel Paese in cui il fondo è domiciliato e successivamente nel Paese in cui risiede fiscalmente chi detiene le quote del fondo. Questo metodo è preferito da chi vuole trarre profitti a breve termine dal proprio investimento. Per cercare di mitigare il fenomeno della doppia tassazione, tra alcuni Stati vi sono degli accordi volti ad agevolare la procedura riducendo le aliquote da pagare. Non a caso quasi sempre tutti i fondi sono domiciliati negli stessi Paesi: Irlanda e Lussemburgo.

I fondi quotati (o ETP) sono degli strumenti generalmente più performanti perché hanno costi di gestione molto più bassi permettendo di minimizzare le perdite e di massimizzare i guadagni. Inoltre permettono di investire in un paniere più ampio di sottostanti con un’unica soluzione.

Purtroppo però, la maggior parte della gente si rivolge ancora al promotore finanziario della banca per investire, comprando fondi comuni non quotati e privandosi così di una fetta delle plusvalenze per regalarla agli azionisti dell’istituto di credito. In questo modo, gli investitori, guadagnano di meno quando si guadagnano soldi e perdono di più quando si perdono soldi.

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Derivati 🧮

I derivati si chiamano in questo modo perché il loro valore deriva dall’andamento del valore di una attività o dal verificarsi nel futuro di un evento osservabile oggettivamente. L’attività, ovvero l’evento, che possono essere di qualsiasi natura o genere, costituiscono il sottostante del prodotto derivato.

Ve ne sono principalmente di 5 tipi:

  • Futures e Forwards: sono i due principali tipi di contratti derivati a termine, ovvero contratti che prevedono un accordo tra due parti per la consegna di una determinata quantità del sottostante a un prezzo e a una data di scadenza. Mentre i futures sono altamente standardizzati e trasparenti, i forwards sono contratti su misura, in quanto i termini vengono concordati privatamente tra acquirente e fornitore e in genere cambiano da un contratto all’altro. A causa della complessità dei termini negoziati, i forwards, a differenza dei futures, non sono negoziabili in Borsa.
  • Opzioni: sono dei contratti che danno il diritto, ma non l’obbligo, all’acquirente dietro il pagamento di un premio, di esercitare o meno la facoltà di acquistare o vendere una data quantità di un sottostante, a una determinata data di scadenza o entro tale data e a un determinato prezzo. Non sono negoziabili in Borsa.
  • Covered warrant: a grandi linee sono delle opzioni cartolarizzate e quindi negoziabili in Borsa, ma a differenza delle opzioni vere e proprie non si vende o non si compra alcun sottostante, si incassa soltanto la differenza del prezzo.
  • Certificates: sono derivati cartolarizzati, cioè una combinazione di contratti finanziari diversi incorporati in un unico titolo, che viene negoziato come se fosse un titolo azionario. L’obbligo dei pagamenti dei flussi dovuti al detentore del certificate è a carico dell’istituzione finanziaria emittente.
  • Contract for Difference (CFD): sono strumenti in base ai quali viene scambiata la differenza di valore di un certo titolo o sottostante, maturata tra il momento di apertura e la chiusura di un contratto. Non sono negoziabili in Borsa.

Sono strumenti finanziari più complessi da comprendere e da gestire, non adatti all’investitore medio e rivolti a un pubblico più consapevole o professionale.


Occasioni bolla 💦

Sono quelle occasioni che consentono di aumentare smisuratamente il capitale in un periodo di tempo relativamente breve. Possono comprendere sia le categorie di investimento citate prima o altre non riportate.

Alla data di questo articolo, secondo me, le criptovalute e l’azionariato tecnologico americano sono l’occasione bolla del momento.

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#2. Rendimenti, rischi e orizzonti

Una buona pesatura del proprio portafoglio potrebbe essere quella standard al 60/40, nella quale le azioni pesano al 60% mentre le obbligazioni pesano al 40%.

Per quale motivo proprio 60/40 e non 80/20 o 50/50?
Semplice, 60/40 è la proporzione giusta per raggiungere il compromesso ideale tra maggiori guadagni durante i rialzi e minori perdite durante i ribassi.

Al fine di proteggere ulteriormente il portafoglio da periodi di volatilità inflattiva è consigliabile accantonare un ulteriore 7% del totale per un misto di materie prime.

Si potrebbe inoltre dedicare una quota aggiuntiva, a totale discrezione dell’investitore, ai metalli preziosi. Questi, in particolare l’oro, hanno prestazioni comprese tra l’obbligazionario e l’azionariato e, se fisicamente detenuti, non sono affetti da alcun rischio controparte. L’unico svantaggio è che in alcuni momenti potrebbero avere prestazioni negative tanto quanto le azioni.

La ponderazione dell’investimento è un qualcosa di estremamente personale, tuttavia mi sento di poter fornire una visione a grandi linee che spero possa aiutare a prendere più facilmente le decisioni in merito:

Tipo di
Investimento
RendimentoRischioOrizzonte
Suggerito
(anni)
Valutanegativoquasi nulloper emergenze
Conti e certificati depositobassoquasi nullo1 – 3
Assicurativid.d.s.d.d.s.d.d.s.
Buoni postalibassoquasi nullo10 – 20
per investimenti
rimborsabili
Obbligazionibasso – mediobasso
per ≥ BBB
5 – 6
Azionialtoalto5 – 15
Oromedio – altomedio5 – 15
Altri Metalli preziosibasso – altoalto10 – 20
Materie primebasso – mediomedio5 – 15
Fondi comunid.d.s.d.d.s.d.d.s.
Derivatid.d.s.d.d.s.d.d.s.
Occasioni bollamolto altomolto alto0 – 5

d.d.s: dipende dal sottostante


#3. Strumenti per la gestione

Gli investimenti in Borsa avvengono tramite un deposito titoli che la maggior parte della banche offrono. Io personalmente, per via dell’interfaccia semplice e delle commissioni contenute, mi trovo molto bene con:

Per quanto riguarda la ricerca dei fondi comuni quotati (ETF, ETC, ETN) che racchiudono azioni, obbligazioni, materie prime, metalli preziosi, consiglio ad occhi chiusi justETF.

A meno che vogliate investire miratamente in una società o in un gruppo tematico di esse, aumentando il possibile profitto e di conseguenza il rischio, investire in un paniere più ampio è a mio avviso la soluzione ideale per chi volesse essere autonomo senza caricarsi di troppe preoccupazioni. Ecco i prodotti che consiglierei:

AzioniiShares MSCI ACWI UCITS ETF USD (Acc)
Replica titoli azionari a grande e media capitalizzazione di 23 mercati sviluppati e 24 mercati emergenti a livello globale.
ObbligazioniiShares Core Global Aggregate Bond UCITS ETF EUR Hedged (Acc)
Replica le obbligazioni emesse dai mercati emergenti e sviluppati di tutto il mondo.
Azioni + ObbligazioniVanguard LifeStrategy (8)
Replicano azioni e obbligazioni di tutto il mondo in un’unica soluzione finanziaria.
Materie primeInvesco Bloomberg Commodity UCITS ETF Acc
Replica il prezzo di contratto future su materie prime che rappresentano le seguenti categorie di materie prime: energia, metalli preziosi, metalli industriali, allevamento ed agricoltura.
OroInvesco Physical Gold A
Replica la performance dell’indice sottostante con una obbligazione garantita da titoli di debito che è sostenuta dalla detenzione fisica del metallo prezioso.
ArgentoWisdomTree Physical Silver
Replica la performance dell’indice sottostante con una obbligazione garantita da titoli di debito che è sostenuta dalla detenzione fisica del metallo prezioso.

Consiglio quasi sempre i fondi ad accumulazione al fine di massimizzare la rendita dell’investimento che altrimenti verrebbe minata dalla tassazione (doppia o singola) delle cedole e dei dividendi. Inoltre, i fondi ad accumulazione, reinvestono automaticamente questi ultimi comportandosi a tutti gli effetti come se avvessero un mini piano di accumulo integrato.

Sconsiglio a prescindere qualsiasi prodotto o fondo (quasi sempre bancario) non quotato in Borsa in quanto rispetto a quello quotato è quasi sempre inutilmente complesso, inutilmente costoso o entrambe le cose.


#4. Tasse, costi e commissioni

Anche i titoli in Borsa, come quasi qualsiasi cosa, non sono esenti da tasse, costi e commissioni. Riepilogo qua sotto i più importanti degni di nota, applicati in Italia:

Imposta di bollo

I deposito titoli, nei quali sono contenuti i prodotti finanziari di una persona, sono tassati automaticamente con un’aliquota fiscale annua dello 0,20% sul totale del valore custodito.

TASSE sulle plusvalenze

Le plusvalenze generate da cedole, da dividendi o dalla vendita in guadagno dei titoli sono tassate con differenti aliquote a seconda del titolo in oggetto:

  • 12,5% derivanti da Titoli di Stato e da Buoni Fruttiferi Postali
  • 26,0% derivanti da tutto il resto

Con un deposito titoli in regime amministrato, il pagamento delle tasse sulle plusvalenze avviene automaticamente.

Con un deposito titoli in regime dichiarativo, invece, la procedura sarà a carico vostro e il pagamento delle tasse sulle plusvalenze dovrà avvenire l’anno solare successivo al momento della dichiarazione dei redditi, non a chi vi compra l’oro o immediatamente allo Stato tramite qualche bollettino, MAV o bonifico.

Costi dell’intermediario

L’intermediario che vi permette di operare in Borsa vi addebita automaticamente i suoi costi di gestione del deposito titoli e di negoziazione, variabili a seconda del tipo di contratto stipulato al momento dell’apertura.

Recupero delle minusvalenze

È bene però ricordare che eventuali minusvalenze, ossia le vendite in perdita di un titolo, possono essere recuperate nel giro di 5 anni fiscali. In pratica, se la differenza tra il prezzo di vendita e quello di acquisto di un titolo risulta negativa, avrete fino a 5 anni di tempo per realizzare una plusvalenza dello stesso importo sulla quale non andrete e pagare alcuna tassa.

Tasse sulla successione

Mentre i Titoli di Stato, i Buoni Fruttiferi Postali e altri prodotti convenzionati sono esenti dall’imposta di successione in caso di eredità, gli altri non lo sono. Vengono pertanto applicate le seguenti aliquote e condizioni a seconda del grado di parentela:

  • Coniugi e parenti in linea diretta: nessuna tassa fino a un controvalore di 1 milione di euro per beneficiario, tassazione al 4% solo per l’importo eccedente.
  • Fratelli e sorelle: nessuna tassa fino a un controvalore di 100 mila euro per beneficiario, tassazione al 6% solo per l’importo eccedente.
  • Parenti e affini: tassazione al 6%.
  • Altri soggetti: tassazione all’8%.

L’aspetto positivo nel pagare un’imposta di successione sui titoli è che in caso di successiva vendita dei titoli da parte dell’erede, la tassazione della plusvalenza verrà calcolata tra la differenza del corrispettivo di vendita e il valore attribuito ai titoli in sede di dichiarazione di successione.


#5. Consigli e curiosità

Il momento giusto per comprare

A mio avviso ogni momento è il momento giusto per investire. Cercare di prevedere i mercati per comprare al prezzo più basso e vendere al prezzo più alto avrà come risultato la maggior parte delle volte un esisto negativo il che porterà con sé frustrazione e di certo non aiuterà a fare scelte lucide.

Pertanto, quello che posso consigliare è comprare ogni qual volta si dispone di soldi investibili, indipendentemente dal momento. Ovviamente il peso dell’investimento dovrà essere ponderato in base alle proprie necessità.

Non posso nascondere tuttavia che quando ci sono pesanti crolli o pesanti rialzi può essere sensato premere un pelino di più l’accelleratore sull’acquisto o sulla vendita, ma mai esagerando. Se domani l’azionario dovesse calare del 50%, qualche soldino extra ce lo metterei, pur sempre con moderazione.

Il momento giusto per vendere

E quando disinvestire? O meglio, quando vendere? Se il momento migliore per investire è quando si hanno soldi da investire, il momento migliore per vendere è quando si ha bisogno di soldi da spendere.

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