Analisi Logica dei Titoli di Stato

Cerchiamo di capire che cosa sono i Titoli di Stato e analizziamoli insieme.

Faccio una premessa: sarò abbastanza critico. Non perché voglio solo parlarne male, ma perché se ne parla spesso soltanto bene e vorrei compensare questo squlibrio di percezione comune mostrando aspetti che magari non si conoscevano o si ritenevano falsi.

Alla fine di questo articolo non sconsiglierò comunque l’acquisto di un Titolo di Stato a prescindere, anzi in certi casi può essere una scelta ragionevolmente sensata.

Dichiarazione di esonero responsabilità:

Le informazioni riportate non costituiscono sollecitazione alla collocazione del risparmio personale. L’utilizzo dei dati e delle informazioni contenute come supporto a operazioni d’investimento personale è a completo rischio del lettore.

Indice

Di bello hanno solo il nome

Si chiamano Titoli di Stato ma il loro vero nome dovrebbe essere:

Io, Stato, non sono riuscito a pagare i miei debiti oppure ho speso più di quanto ho incassato. Pertanto, ho bisogno di altri soldi, anche da parte di chi me li ha già dati prima, pur non essendo riuscito a usarli con profitto.

Mondiversi, ironica definizione dei Titoli di Stato

Notate che la musica cambia, vero?

Perché effettivamente è proprio così: ogni volta che lo Stato emette un proprio titolo significa che sta cercando denaro per pagare i propri debiti precedenti che non è riuscito a pagare oppure non è in grado di fare quadrare i bilanci.

Immaginate un’azienda che da 150 anni è costretta a emettere continuamente obbligazioni per non chiudere e non riesce quasi mai a distribuire dividendi per gli investitori… e nonostante questo la gente continua a prestargli soldi perché ha una linea di credito privilegiata.

Questo è un meccanismo che va avanti da molti anni. Sebbene effettivamente i cosidetti Titoli di Stato “sicuri” (ossia emessi da paesi che hanno ricevuto una valutazione di affidabilità) siano praticamente sempre stati pagati, questo non significa che in un futuro continueranno a esserlo.

Certo, il “fallimento” di uno Stato affidabile è un’eventualità molto improbabile, ma comunque possibile.

Va inoltre ricordato come su un orizzonte di tempo complessivo l’andamento del debito pubblico di uno Stato è sempre crescente. Un debito pubblico sempre crescente si può ripagare soltanto con nuovi Titoli di Stato che raccolgono sempre più investimenti.

Il vero problema del crescente debito pubblico, però, non è tanto il suo aumento, ma l’ingigantirsi degli interessi annessi che devono essere pagati costantemente attraverso tagli alla spesa pubblica o con l’emissione di nuovo debito pubblico.

Insomma: è come un cane che rincorre la propria coda che si accorcia sempre di più.


Alla fine sono obbligazioni

Quando acquistate un Titolo di Stato non fate altro che acquistare un’obbligazione emessa appunto dallo Stato invece che da un’azienda. In quanto obbligazione replica praticamente tutte le meccaniche di acquisto e vendita delle obbligazioni societarie.

Vendere prima della scadenza

Nel caso doveste aver bisogno del denaro che avete investito in un Titolo di Stato prima della sua naturale scadenza, l’unica possibilità che avete per venderlo è di farlo sul mercato secondario, ossia in borsa.

Questa vendita però non garantisce di poter rientrare totalmente nel capitale investito. Infatti a seconda dell’andamento dei tassi di interesse decisi dalla banca centrale e della liquidità che dispone il titolo in questione potreste perdere una percentuale significativa del vostro investimento.

La variazione dei tassi di interesse

Quasi tutti i Titoli di Stato vengono emessi con una percentuale di interesse (cedola) fissa.

  • Se i tassi di interesse dei Titoli di Stato emessi successivamente dovessero aumentare, automaticamente il vostro Titolo di Stato perderebbe valore perché risulterebbe meno conveniente da acquistare. Infatti i nuovi Titoli di Stato con maggior tasso di interesse attrarrebbero di più gli investitori.

  • Se i tassi di interesse dei Titoli di Stato emessi successivamente dovessero diminuire, automaticamente il vostro Titolo di Stato aumenterebbe di valore perché risulterebbe più conveniente da acquistare. Infatti i nuovi Titoli di Stato con minor tasso di interesse attrarrebbero di meno gli investitori.
Il ruolo della liquidità in borsa

Come accennato precedentemente, il rimborso totale della cifra investita in un Titolo di Stato avviene alla scadenza di esso. Nel caso volessimo venderlo prima della sua scadenza naturale, possiamo farlo sul mercato secondario, ossia in borsa

Quando si vende un prodotto finanziario in borsa non è detto vi siano abbastanza ordini di acquisto da permettere la vendita al prezzo attuale. In sostanza più andrete a vendere e più compratori serviranno per permettere di liquidare il vostro Titolo di Stato al miglior prezzo.
Un problema supplementare alla liquidità potrebbe essere anche la mancanza di interesse da parte dei compratori nel Titolo di Stato in questione per svariati motivi, tra cui quello citato nel punto precedente.

Abbiamo compreso che i Titoli di Stato non godono di particolari privilegi rispetto alle obbligazioni societarie, a parte la “garanzia” intrinseca di essere emessi da uno Stato invece che da un’azienda.


Non sono sicuri al 100%

Ci sono persone che investono buona parte o tutti i loro risparmi in Titoli di Stato. Il falso senso di sicurezza che le porta a fare questa scelta deriva da false convinzioni, scardiniamole punto per punto:

Lo Stato può “fallire”!

Come spiegato prima, anche gli Stati possono “fallire”! Questa è una possibilità molto remota, soprattutto se gli Stati appartengono a Paesi sviluppati ma la storia è piena di Stati che sono falliti totalmente o parzialmente non potendo più ripagare i propri debiti.

Ecco una lista di Stati che sono falliti (nella quale figurano Paesi insospettabili).

Non sono esenti dai rischi

Personalmente, sconsiglierei di investire in Titoli di Stato nel medio o nel lungo periodo per evitare il più possibile problemi di insolvenza da parte dell’emittente o di dover aver bisogno dei propri soldi in un momento in cui la variazione dei tassi di interesse da parte della banca centrale abbia modificato il valore di essi sul mercato secondario (la borsa).

Un’ulteriore ipotesi negativa potrebbe essere la ristrutturazione del debito, bella parola che diventa meno bella nel suo operato, la quale significherebbe la modifica o la perdita di qualche vantaggio per i dententori dei Titoli di Stato come per esempio: prolungamento della scadenza, modifica della frequenza della cedola, alterazione del valore della cedola, riduzione del valore nominale alla scadenza. Se vi steste chiedendo se ciò sia già accaduto in Europa ebbene sì, nel 2012 è avventuo in Grecia e più recentemente un qualcosa di simile anche a San Marino!

L’attuazione di questa procedura è divenuta successivamente regolare tramite l’introduzione delle CACs (Clausole di Azione Collettiva) che sono diventate progressivamente parte integrante del MES (Meccanismo Europeo di Stabilità) dal 1 Gennaio 2013.

Il guadagno può essere un’illusione

Il guadagno deriva dalla periodica distribuzione di cedole ai possessori, ma il suo significato varia a seconda da che prospettiva lo si guarda.

Se l’inflazione o la svalutazione della moneta di riferimento risultano maggiori della rivalutazione del capitale impegnato ricevuta sottoforma di cedole, avrete certamente più soldi di prima ma che valgono comunque di meno.


Il debito pubblico autocustodito

Quante volte abbiamo sentito dire che “se il debito pubblico fosse in mano ai suoi cittadini” sarebbe meglio per il Paese? Personalmente ritengo questa affermazione neutrale, né vera, né falsa.

Debito pubblico in mano non ai cittadini

Quindi in mano a società di gestione fondi, corporazioni, multinazionali, altri Stati o ai cittadini di altri Stati.

L’aspetto positivo è che una più amplia platea di compratori significa maggior probabilità di rimanere solventi e poter ripagare il debito precedente.

Allo stesso tempo significa anche poter emetter nuovo debito a interessi relativamente bassi: più pubblico significa più domanda e quindi più facilità di trovare compratori a tassi più bassi.

L’aspetto negativo è che i soldi tendono a uscire dal Paese e rientrerebbero solo se gli stessi benificiari reinvestissero nel Paese stesso o ne ricomprerebbero successivamente i Titoli di Stato.

Tuttavia bisogna ricordare che uno Stato sovrano della propria moneta potrebbe stampare più soldi per ricomprarsi il suo stesso debito in caso di carenza di compratori (o per mantere bassi gli interessi), il che svaluterebbe la moneta… che si svaluta comunque sempre nel tempo in ogni caso.

Debito pubblico in mano ai cittadini

L’aspetto positivo è che i soldi degli interessi (cedole) circolano all’interno del Paese stesso. Solo in Italia si parla di circa 100 miliardi di euro all’anno.

L’aspetto negativo, oltre a una minor platea di compratori, è che diventa meno complicato ritrattare il debito (ristrutturarlo, vedasi CACs) quando la maggior parte di esso è detenuto da persone “normali” invece che da elite.

Non sarai tanto ingenuo da credere che noi viviamo in una democrazia, vero Buddy?

Gordon Jekko, Wall Street (1987)

Inoltre, se il debito di uno Stato fosse detenuto in maggior parte dai suoi cittadini, si verrebbe a creare un circolo vizioso in cui nessun cittadino vorrebbe l’azzerramento del debito perché ciò significherebbe allo stesso tempo perdere i soldi investito in esso. Un meccanismo del tutto simile a un ricatto o a un’offerta che non si può rifiutare.


Il fallimento di uno Stato in pratica

Il fallimento di uno Stato (o meglio l’insolvenza del suo debito) sembra un evento spaventoso e complicato, ma alla fine è relativamente quieto e semplice.

Volendo esagerare, mi fa immaginare conseguenze catastrofiche come: vulcani in eruzione, lava per le strade, boschi in fiamme, inondazioni, edifici che crollano e gente che corre in ogni direzione urlando disperata a squarciagola.

In realtà accadrebbe che i detentori di Titoli di Stato, quindi i creditori nei confronti dello Stato, smetterebbero di ricevere gli interessi e non percepirebbero il rimborso del presito. Nel miglior dei casi perderebbero solo una parte del prestito. Tutto qui. Niente di più.


Il BTP che protegge dall’inflazione

Il recente BTP Italia Nov 2028 è un Titolo di Stato emesso con scadenza a 6 anni. Offre un interesse minimo garantito annuo del 1,6% lordo, con cedola semestrale. Inoltre viene riconosciuto, a chi lo ha comprato durante l’emissione e lo detiene fino alla scadenza, un premio fedeltà una tantum pari allo 0,8%.

Quello che però lo dovrebbe rendere attrattivo all’occhio del investitore è il fatto di essere collegato all’inflazione. In parole povere il capitale investito sarà rivalutato con un’interesse aggiuntivo sulla cedola in base all’andamento dell’inflazione.

Però, per proteggere tutto il capitale dall’inflazione, sarebbe necessario investire tutto il capitale. Mossa sbagliata perché concentrebbe tutto il vostro investimento in un solo prodotto finanziario, con tutti i possibili rischi annessi.

Quindi, a questo punto, bisognerebbe investire in questo BTP soltanto il denaro di cui non avrete bisogno fino a Novembre 2028 (onde evitare di doverlo vendere prima della scadenza con possibile diminuzione del valore), ma cosi facendo non proteggerete tutto il capitale.

Ritengo quindi questo BTP non idoneo al risparmiatore che vuole proteggere integralmente il proprio capitale dalla svalutazione.


A chi consigliarli?

In conclusione ritengo i Titoli di Stato uno strumento più performante rispetto ai Buoni Fruttiferi Postali, ma anche con più vincoli.

Li consiglirei a chiunque voglia investire nel modo più sicuro possibile una somma di cui non dovrà disporre per poco più di 5/6 anni, a fronte di interessi relativamente bassi e sicuri.

Servono giusto per guadagnare qualcosa, niente di più. Perché quando si inizia a guadagnare ben più di qualcosa probabilmente il rischio correlato sta iniziando a salire.

Tuttavia, invito sempre alla prudenza. Non lasciatevi ingannare dalla certezza di una cedola.

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