Oggi osserveremo da vicino alcune delle valute che nell’ultimo secolo si sono inflazionate per capirne il motivo. Daremo anche uno sguardo alla nostra cara vecchia lira che è passata da avere una moneta da 1 centesimo (di lire!) a rendere superflue quelle sotto le 50 lire, il tutto poco prima dell’ingresso nella moneta unica europea.
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Indice
Germania
In basso una banconota da 2 marchi, del 1920
In alto una banconota da 50 milioni di marchi, del 1923 (solo 3 anni dopo)
Repubblica di Weimar è la denominazione non ufficiale con cui viene normalmente indicato il Reich tedesco nel periodo tra il novembre 1918 e il 1933.
Quando la Germania uscì sconfitta dalla prima guerra mondiale dovette subire pesanti sanzioni che ne peggiorarono notevolmente l’economia inteerna.
Per far fronte alla crisi economica decisero di stampare sempre più moneta, ma ogni stampa svalutava sempre di più la moneta già esistente, venendosi così a creare un ciclo infinito che non poteva che condurre a un vicolo cieco.
Una banconota da 2 marchi del 1920 (in basso), mentre tre anni dopo nel 1923 non si faceva troppa fatica a trovare banconote da 50 milioni di marchi per le strade.
Zimbabwe
Due banconote zimbabwiane rispettivamente da 750.000 e 5.000.000 di $, del 2008
Per rendere l’idea… immaginate di girare con banconote da milioni di euro in tasca!
Il dollaro zimbabwiano aveva valore pari a circa 1,59 USD. Dall’introduzione delle riforme terriere nei primi anni novanta, l’iperinflazione e il collasso dell’economia del paese hanno causato la violenta svalutazione del dollaro zimbabwiano.
Le cause dell’iperinflazione sono da rinvenire nella creazione di moneta operata dal governo Mugabe per finanziare sia le riforme sia la seconda guerra congolese, in particolare erogando alti salari ai militari e agli ufficiali.
Stati Uniti d’America
In alto una banconota da 1$ convertibile in argento, prima del 1971
In basso una banconota da 1$ non convertibile in niente, dopo il 1971
Se vi state chiedendo dove si celi l’inflazione in due banconote che a distanza di anni non sono nemmeno cambiate più di tanto, avete ragione. La differenza sta nel sottostante che le rispettive banconote potevano garantire.
Prima del 1971 e dopo la seconda guerra mondiale il dollaro divenne la valuta per gli scambi internazionali per eccellenza. A rafforzare la valuta vi era la possibilità di poter convertire ogni dollaro in una rispettiva quantità fissa di metallo prezioso.
Questà possibilità andò avanti fino a quando la tesoreria americana, resasi conto di aver stampato molto più denaro del corrispettivo in metalli preziosi che possedeva, decise di mettere fine alla convertibilità nel 15 Agosto 1971 tramite l’allora presidente Richard Nixon.
Questo fece storcere il naso a molti Stati che però non potevano più fare a meno del dollaro anche perché divenne l’unica valuta che si poteva utilizzare per comprare il petrolio, risorsa di cui tutti avevano bisogno!
E l’Italia?
In basso una banconota da 5 lire, del 1944
In alto una banconota da 500.000 lire, del 1997
Anche l’Italia prima dell’ingresso nella (ahimé) moneta unica europea ha avuto la sua inflazione seppure non sia mai stata rapida o di magnitudine cosi evidente come nel caso della Germania e dello Zimbabwe.
Tuttavia non si può non evidenziare come il potere d’acquisto della lira sia diminuito più di 1.000 volte nel corso di circa mezzo secolo.
Conclusioni… tutte le valute si svalutano, tranne una.
Un marengo italiano dal valore nominale di 20 lire contenente 5,8g d’oro, del 1882
Anche se sono stati citati solo alcuni casi penso che sia abbastanza evidente un concetto: qualsiasi valuta nel corso del tempo o si svaluta o muore.
Convervare una grande quantità dei propri risparmi sottoforma di valuta locale, anche se contante, significa esporsi al costante rischio di vederne deteriorare silenziosamente il valore.
L’unica moneta che non ha mai perso il suo valore, fin dalla nascita, e che ha rappresentato nel corso dei milleni il miglior modo per tutelare (e anche aumentare!) il proprio potere d’acquisto è solo una: l’oro… e i metalli preziosi in genere.
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